Apollo e Dafne

Gigi Supino
(Genova, 1893 – 1980)

Apollo e Dafne

Bronzo
h.cm. 139 x 202
1934

Firmato sulla base

Sono noti tre esemplari con alcuni dettagli differenti, il primo esposto alla Biennale di Venezia nel 1934, acquisito dalla collezionista americana, Audrey Chadwick, Palm Beach, California, per 6000 lire; il nostro, esposto alla Mostra degli Artisti Amici di Bagutta alla Galleria Pesaro nel 1936, proveniente dalla collezione Capè e conservato nel giardino di Villa Azalea, Capè, successivamente Bollati, a Meina sul lago Maggiore e un terzo in collezione privata.

‘Il mito di Apollo e Dafne ci riguarda tutti, toccandoci dentro a un livello profondo, nella nostra psiche, nei nostri sentimenti, nella nostra fragilità di esseri umani. E’ il mito eterno dell’amore non realizzato, perchè perduto (ci si innamora perdutamente, a perdere), irraggiungibile.
La vicenda è narrata da Ovidio nelle Metamorfosi: Apollo, dio del Sole, delle arti e della poesia, s’innamorò di una naiade di nome Dafne, ninfa boschiva di straordinaria bellezza, legata ai corsi d’acqua. Fu Eros a decidere di quest’amore, per vendi- carsi del fatto che Apollo si dichiarava superiore a lui come arciere per aver ucciso il terribile serpente-drago Pitone trafiggendolo con le sue frecce e si prendeva gioco di lui. Ferito nell’orgoglio e deciso a vendicarsi, il dio dell’amore volò in cima al monte Parnaso, dove preparò due frecce: la prima, d’oro e ben acuminata, la scagliò con violenza nel cuore di Apollo, facendolo innamorare di Dafne; con la seconda, di piombo e dalla punta stondata, destinata a far respingere l’amore, colpì il cuore di Dafne.
Apollo iniziò a vagare disperatamente per i boschi alla ricerca della naiade, fino a quando non riuscì a trovarla. Dafne appena lo vide cominciò a fuggire e Apollo ad inseguirla, finché non giunsero presso il fiume Peneo, il padre di Dafne. Questa lo pregò di aiutarla (secondo una variante del mito, essa si rivolse a Gea, dea della Terra) a sfuggire l’amore di Apollo. La sua preghiera venne ascoltata e, mentre era ancora in corsa, Dafne si trasformò in un albero di alloro, il Laurus nobilis, e al dio del Sole non rimase che considerare a lui sacra questa pianta sempreverde, ornandone la propria cetra e facendone delle corone da porre sul capo ai più va- lorosi fra gli uomini in segno di gloria.’.. (Da un testo di Alessandra Imbellone per la Galleria Daniela Balzaretti)

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Crediti fotografici: Marilena Anzani