Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze
Palazzo Corsini 26 settembre – 4 ottobre 2015
Stand 22
Attraverso una carrellata di opere d’arte e arti applicate, la mostra esplora alcuni aspetti dei primi trent’anni del Novecento italiano, con l’intento primario di rendere giustizia ad Artisti, detti erroneamente “minori”, noti per lo più agli addetti ai lavori e ad un ristretto numero di collezionisti, e che meritano un serio approfondimento e una più ampia divulgazione.
Dall’area piemontese
opera del torinese Mario Reviglione, (Torino 1883-1965), il dipinto “Il lago dei Poeti” databile intorno al 1915, un olio su tela, visione notturna del lago d’Orta, ricco di seducenti suggestioni fluttuanti tra ombra e luce. Nella lettura dell’opera si evidenzia un chiaro riferimento alle magie notturne e alle visioni romantiche dei pittori di area nordica che Reviglione incontra alle Esposizioni di Venezia a cui partecipa dal 1907 al 1922.
I laghi hanno ispirato i pittori del romanticismo inglese come William Wordsworth e Samuel Taylor Coleridge che, (con Robert Southey), formarono il gruppo dei “lake poets” (i poeti dei laghi) e uomini di cultura di diverse nazionalità, da Friederick Nietzsche a Robert Browning, George Meredith, Honoré de Balzac ed Eugenio Montale, solo per citarne alcuni, che soggiornarono sul lago d’Orta per trarre ispirazione per le loro opere.
Leonardo Bistolfi, (Casale Monferrato 1859 – La Loggia (To) 1933), maestro indiscusso del Simbolismo italiano, con il bassorilievo in gesso “Targa funeraria per André Glades” 1906-1908 per la tomba della scrittrice ginevrina. L’opera è pubblicata nel catalogo “Divagazioni tra poesia e simbolismo” A.Panzetta, a cura della Galleria Daniela Balzaretti, 2009.
Angelo Cattaneo, (Romentino (No) – ?) con il bronzo “Ritratto femminile con foulard”, 1922-25, esposto alla Mostra interregionale dei Sindacati Fascisti, Belle Arti-Firenze (etichetta d’epoca) 1933.
Dall’area veneta
Vittorio Zecchin (Murano, 1878 – Venezia 1947) “Sfinge”, 1920 c.ca, tempera policroma e oro, rara testimonianza dei bozzetti che l’artista realizzò per le cartoline postali.
L’Artista veneziano, dopo la mostra monografica di Palazzo Correr a Venezia nel 2002-2003 e la recente acquisizione di un’opera da parte del Museo d’Orsay, ha avuto una giusta e doverosa rivalutazione e le sue ambite opere, difficilmente reperibili sul mercato, passano quasi silenziosamente di mano tra i collezionisti.
Umberto Bellotto, (Venezia 1882-1940), artista a cui avevamo dedicato una mostra monografica nel 1992 con la pubblicazione del catalogo “Umberto Bellotto. Ricami in ferro e vetro”
Una sua opera è stata acquisita dal Corning Museum of Glass di NY, un’altra recentemente dal Musée d’Orsay e altri esemplari si trovano nella collezione dei musei civici veneziani e in importanti collezioni private italiane ed estere.
Tre le sculture che proponiamo:
- da una base in ferro traforata e incastonata con paste vitree policrome svetta un’esile figura maschile che regge un globo in vetro a murrine applicate, databile al 1920;
- il secondo esemplare con la struttura in ferro di forma geometrica e stilizzata che racchiude un vaso incolore con fili vitrei applicati, è stato esposto alla Biennale di Venezia del 1914, anno in cui Bellotto ottenne il brevetto di connubio ferro e vetro.
- il terzo con una figura maschile stilizzata che regge un festone con vetro inglobato, databile agli anni ‘ 20 e proveniente dalla collezione dello storico Guido Marangoni
Dall’area lombarda
Adolfo Wildt, (Milano 1868-1931)
”Partecipazione per le nozze di Mimi Perelli Paradisi e Federico Balestra”
stampa su pergamena ripresa in oro, 1920, h. cm.15,7×15,3
Erminia (Mimì) Paradisi nata dai conti Perelli, Federico Balestra marchese di Mottola di Puglia, ufficiale alla corte di D’Annunzio a Fiume.
‘Deposizione” (o Sudario), 1929, litografia originale, cm. 34,5×25,7, la sola eseguita dall’Artista in tiratura di complessivi 75 esemplari, curata dalla Casa Editrice Graphica Nova, Milano, Esemplare su carta Giappone numerato 46/75.
‘Un Altare‘, 1919 circa, acquaforte e acquatinta stampata in bruno, cm 19,5×26,1.
Gio Ponti, (Milano 1891-1979), coppia di maioliche della serie ‘Venatoria‘, 1928.
P. Bottinelli, attivo nella seconda metà dell’ottocento
“Il Bacio” marmo, 1920-25, h. cm. 42 x 36
L’arte orafa è rappresentata dal gioielliere della borghesia milanese, Alfredo Ravasco, (Genova 1873 -Ghiffa, Verbania, 1958) con alcune testimonianze , tra cui una collezione di cinque coppe in argento dorato e pietre dure di cui una con prese in lapislazzuli e iscritta ‘III Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica Venezia 1935 A. XIII’.
Una coppetta in agata grigia con un grappolo di fiori in corallo e perline di fiume e un trittico con Madonnina a smalto, lapislazzuli e pietre dure in astuccio ad altare in cuoio.
In concomitanza con la Biennale di Palazzo Corsini, il FAI dedicherà una mostra all’artista nella sede di villa Necchi a Milano.
Dall’area del centro Italia
Adolfo De Carolis, (Montefiore dell’Aso 1874-1928)
con l’opera “I Grandi Aretini” 1922-24, olio su tela, h.cm. 40 x 85
con cornice 60 x 104,5
Il bozzetto fu realizzato per gli affreschi della parete frontale della Sala del Consiglio provinciale di Arezzo. I personaggi illustri con Michelangelo al centro sono: Mecenate, Guido Monaco, Guglielmino degli Ubertini, Margaritone, Guittone, Santa Margherita da Cortona, Francesco Petrarca, Spinello, Masaccio, Leonardo Bruni, Poggio Bracciolini, Piero della Francesca, Cristoforo Landino, Mino detto da Fiesole, Luca Signorelli, Andrea Sansovino, Bernanrdo Dovizi, Giorgio Vasari, Giulio III del Monte, Pietro Aretino, Benedetto Varchi, Andrea Cesalpino, Pietro da Cortona, Alessandro dal Borro, Francesco Redi, Vittorio Fossonbroni e Pietro Benvenuti.
L’opera è stata esposta alla mostra “Riconoscere Michelangelo” a Firenze nella Galleria dell’Accademia, febbraio-maggio 2014 scheda n.77, ill. a pag. 205
Di grande impatto decorativo e dove si evidenzia il tratto michelangiolesco, sono i due disegni preparatori per gli affreschi della parte superiore del bozzetto (h. 210×270)
Antonio Maraini, (Roma 1886 – Firenze 1963), scultore e storico dell’Arte, con l’opera simbolista “L’Urna delle Parche” esposta nella sala individuale alla Biennale di Venezia nel 1924.
La preziosità e rarità di questa scultura ci ha spinti alla pubblicazione della collana ”Quaderni della Galleria Daniela Balzaretti” dedicati ad opere che riteniamo meritevoli di studi più approfonditi.
Il “Quaderno primo”, L’Urna delle Parche di Antonio Maraini, è stato realizzato con la collaborazione della storica Agnese Sferrazza, il progetto grafico di Francesco Parisi delle Officine Vereia, Roma, e stampato in 500 esemplari numerati per la ns. galleria da De Luca Editori d’Arte che curerà la vendita di ulteriori copie non numerate.
L’area romana è rappresentata da Duilio Cambellotti, (Roma 1876 – 1960) e gli amici-artisti Alberto Gerardi, (Roma 1889-1965) e Romeo Berardi, (Roma 1882-1961)
Di Cambellotti, proponiamo quattro opere, un mobile scolpito in noce massello con decoro di due rondini in bronzo argentato che fungono da blocco dell’anta. Esemplare unico realizzato tra il 1932-34 per il salone presidenziale dell’Acquedotto Pugliese di Bari.
Il mobile-scrittoio è corredato dal disegno preparatorio e dalla scheda redatta dalla 900 Corporation di Genova nella cui collezione si trovano sia il disegno preparatorio del mobile che quello dello sbalzo in cuoio da noi proposto, “Donne con anfore”, 1931 c.ca, con dedica autografa dell’Artista; un vaso in maiolica iscritto “in flammis rubeo” del 1925 e il libro scultura I Fioretti di San Francesco, legno e bronzo, 1926, interamente illustrato dall’Artista.
La recente mostra presso l’Acquedotto pugliese di Bari, esplora il lavoro di Cambellotti e ne testimonia la personalità di artista poliedrico che non disdegna incursioni in più campi, dalla scultura all’arredamento, dal dipinto all’incisione e alla decorazione murale, dalla ceramica alla scena teatrale.
Alberto Gerardi con il leggio francescano in ferro battuto e forgiato con quattro reggi candela, 1923, che reca la scritta tratta dal Cantico delle Creature di San Francesco, “laudato sii mio Signore con tutte le tue creature”
Un esemplare senza i ripiani in legno è conservato presso il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, n. inv. 1734. Provenienza donazione Guido Rossi, 1957
Romeo Berardi, “Vanitas”, piatto da parete in terracotta dipinta in policromia e a smalto, iscritto nel cavetto: “dal folle sapientia e da la spina rosa”, firmato e datato 1912.
Hans Stoltenberg-Lerche, (Dùsseldorf 1865 – Roma 1920), artista nordico che opera a Roma ed è presente alle Biennali Veneziane e a alle Quadriennali Romane. Centrotavola simbolista in bronzo e pietre dure, esposto alla Biennale di Venezia del 1906 e la coppetta in bronzo incastonata di pietre dure.
Di artista non ancora identificato, l’opera i “Danzatori“, molto verosimilmente appartenente al secondo decennio del Novecento, è una scultura d’intensa enigmaticità. L’incertezza attributiva esalta la fascinazione di un bronzo nel quale la mano creatrice si mostra tanto sicura dei propri mezzi espressivi da attribuire alle figure rappresentate un’originale stilizzazione e un impianto volumetrico prorompente e dinamico. Echi simbolistici internazionali si mescolano qui a celati riferimenti all’arte antica.
L’opera rappresenta una coppia di ballerini intenti alla danza. L’anticonvenzionalità nel modo di trattare il soggetto è dichiarata nell’antinaturalistico e prepotente schema compositivo. L’uomo procede con passo imperioso creando con le gambe la geometria della parte inferiore di una X che, stretta all’altezza della vita, continua in modo irregolare nella zona superiore dove il ritmo si dilata orizzontalmente per mezzo delle braccia distese, sulle quali l’intero corpo della ballerina si pone in ardito equilibrio. Allungata come un’odalisca, la donna a seno scoperto veste, in contrasto alla totale nudità del ballerino, un tutù più da cocotte che da ballerina e trattiene in una mano un appariscente ventaglio di piume. L’insieme è dinamico ma equilibrato, secondo una formula che richiama l’ampio gesto dello “Zeus di Capo Artemisio”, riscoperto nel 1926 e completamente recuperato nel 1928, opera nella quale la dinamicità si palesa attraverso l’apertura a forbice degli arti inferiori i quali, con le braccia, formano una sorta di chiasmo, di figura simile alla lettera greca chi (χ).