‘Con il grande marmo del 1934 intitolato Risveglio lo scultore torinese Edoardo Rubino (1871-1954) toccò senza dubbio uno dei vertici della sua produzione matura. L’artista – che in gioventù era partito da una situazione economica assai difficile e che aveva ottenuto i primi importanti riscontri ufficiali tra il 1898 e il 1902 (con esiti legati a un naturalismo «pittorico» calandriano, arricchito da fremiti liberty e simbolisti) – negli anni del ventennio littorio seppe attingere a nuove energie creative, raggiungendo l’apice del successo personale e degli onori pubblici, soprattutto in virtù di una fitta rete di rapporti con il mondo dell’industria, dell’alta finanza e della politica, che agevolarono la consacrazione della sua fama anche a livello internazionale. Insomma: passati abbondantemente i cinquant’anni, che per l’epoca non erano pochi, Rubino fu capace di rivisitare e aggiornare i presupposti della propria estetica, restando perfettamente al passo con i tempi; raggiunta poi la settantina, potè infine assistere alla celebrazione definitiva di una carriera artistica oltremodo prestigiosa, celebrazione avvenuta nel 1942 con l’allestimento di una sala personale alla XXIII Esposizione Biennale Internazionale d’Arte di Venezia.
Questa rapida premessa si è resa necessaria per inquadrare opportunamente un capolavoro come il Risveglio, creato al culmine di quella che potremmo definire la «seconda maniera» di Rubino, ormai lontana dai modi primonovecenteschi che lo avevano portato alla ribalta. La versione finale dell’opera, realizzata in marmo a grandezza naturale, fu presentata alla Biennale di Venezia del 1934 con il numero 48…’
(Armando Audoli)
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