Il risveglio

Edoardo Rubino
(Torino, 1871 – 1954)

Il risveglio

Bronzo
h. cm. 19,1 x 89,2 x 34,5
esemplare firmato
provenienza: Collezione Marziano Bernardi, Torino; Galleria Narciso, Torino; Collezione privata, Torino

Marmo
h.cm. 24 x 90 x 34,5 cm
esemplare firmato
provenienza: Collezione privata, Lombardia

‘Dietro l’apparente linearità del suo andamento formale, il Risveglio si rivela – in sintesi – un’opera densa e complessa, ricca di implicazioni. All’epoca ebbe un forte impatto e venne subito recepita come un caposaldo della produzione di Rubino. Malgrado ciò la scultura non ha avuto molte repliche, né nelle sue dimensioni definitive né in taglia ridotta. Per questo le varianti che presentiamo, una in bronzo e l’altra in marmo, sono due testimonianze di ragguardevole pregio e rilevanza, anche da un punto di vista filologico. L’esiguità delle repliche del Risveglio è da imputare, almeno in parte, al fatto che in quel momento Rubino era uno scultore «di punta» noto a livello internazionale, prediletto dalla famiglia Agnelli, quindi co- stoso e selettivo. La nostra versione in bronzo (19,1 x 89,2 x 34,5 cm) è ampiamente storicizzata e documentata: si tratta di un’eccellente fusione a cera persa in patina «archeologica», appartenuta al più volte menzionato Marziano Bernardi (1897-1977).’  (Armando Audoli)

‘Lo stesso docile incanto pervade la seconda variante qui presentata, un esemplare inedito in marmo (24 x 90 x 34,5 cm), proveniente da una collezione privata lombarda. Di taglia pressoché identica al bronzo già Bernardi-Narciso, tale variante è a tutt’oggi l’unica traduzione in marmo conosciuta, oltre all’opera primaria delle Raccolte Frugone. Stiamo parlando – pertanto – di una riscoperta fortemente significativa, che aggiunge un tassello di rilievo all’articolata vicenda del Risveglio. È ragionevolmente ipotizzabile che un simile esemplare, visto il materiale scelto e l’alta qualità d’esecuzione, possa essere stato realizzato per un committente importante sull’onda del successo ottenuto dal Risveglio alla kermesse veneziana. Considerata altresì la misura contenuta del nostro marmo, si può ritenere che questo sia stato lavorato in massima parte da Rubino in prima persona: da qui la sottile finezza di tocco di alcuni passaggi minuti e viceversa la perentoria sicurezza di altre soluzioni volutamente più sintetiche, che paiono sogguardare in maniera personale agli stilemi del Déco europeo. Con la sua taglia ridotta, quindi in un certo senso meno «aulica», il marmo ritrovato consente una lettura differente del capolavoro di Rubino, ma lo fa attraverso la medesima materia della versione originaria. Esso – in sostanza – mantiene intatte le valenze estetico-formali del grande marmo della Biennale, acquistando però un tono più intimo e silenzioso, che dà all’opera un passo diversamente interiore e le conferisce un seducente respiro «da camera». Un respiro appena palpitante, a infondere un alito di verità alle linee idealizzate di quella creatura enigmatica, vigorosa e lieve insieme, insieme donna e deità: una figura sospesa tra il sonno e la veglia, in bilico tra classicismo e modernità.’ (Armando Audoli)

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